Taglio al reddito di cittadinanza: contro i poveri, non contro la povertà

L’accanimento del Governo contro povertà e fragilità lascia davvero senza parole. Pur di sforbiciare ulteriormente le risorse destinate al Reddito di cittadinanza, infatti, si taglieranno fino al 50% i fondi per le famiglie con figli maggiorenni. Una scelta restrittiva che fa il paio con la drastica riduzione dell’Isee da 9.360 a 7.200 euro, per accedere alla GIL, la Garanzia per l’inclusione destinata alle persone in difficoltà e non occupabili.

Con questa riforma del Reddito di cittadinanza immaginata dal Governo, l’Italia diventerà il primo Paese in Europa a non prevedere un sostegno continuativo per tutte le persone in povertà. Io penso, invece, che chi è in condizione di indigenza abbia diritto a un sostegno pubblico fin quando il bisogno persiste indipendentemente dalla composizione della sua famiglia e affermare il contrario significa non sapere cosa significhi vivere in una condizione di indigenza: migliorare eventuali controlli è un conto, precludere il sostegno contro la povertà e il diritto a una vita dignitosa, un altro. Il Governo non ha chiara questa differenza abissale e riesce a centrare contemporaneamente l’obiettivo di non tutelare i poveri e di non migliorare le politiche di inserimento lavorativo. Precludere un sostegno a un cittadino solo perché considerato occupabile è un attacco ai diritti minimi della persona. Questa scelta scellerata avrà inevitabili ricadute sugli Enti locali, come i Comuni, che, come per molte altre questioni, dovranno farsi carico dei vuoti lasciati dal Governo nazionale.