Il 25 novembre a Reggio Emilia nel nome di Giulia: una mia proposta
Giulia Cecchettin, il 25 novembre a Reggio Emilia sia nel suo nome: una mia proposta.
Dedicare tutte le iniziative in programma nella nostra provincia per il 25 novembre – Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne – al ricordo e nel nome di Giulia Cecchettin.
È questa la mia proposta.
Ho letto che tra i sogni di Giulia c’era anche quello di potersi iscrivere alla scuola comics di Reggio Emilia, per dare seguito alla sua passione per il disegno e per l’arte. In queste ore drammatiche, mi sono chiesta in che modo la nostra città potesse concretamente stringersi intorno alla famiglia Cecchettin, dimostrandole vicinanza e partecipazione, e questo legame, che purtroppo è stato spento come tutto il resto della vita e delle speranze di Giulia, mi ha fatto riflettere sulla possibilità che Reggio Emilia e il suo territorio possano sentirsi ancora più partecipi, soldali, umani, di fronte a un dramma che deve scuotere le nostre coscienze. Non si tratta, ovviamente, di fare differenze tra Giulia e le altre 104 donne che nel corso di quest’anno sono state uccise, quanto di rimarcare che un’intera società civile prende coscienza della necessità di un cambiamento radicale, un tema che deve evidentemente accompagnarsi a quello della giustizia. Il patriarcato – da cui nasce molta della violenza di cui sono vittime le donne – non è solo un sistema di valori malato, ma anche un’impronta culturale per cui, fin da giovani, si è portati a privilegiare chi si mette in mostra con arroganza e prepotenza, associando invece il tratto della gentilezza a quello della debolezza. Questa è un’ottica pseudovaloriale che riguarda tutti e tutte noi che, ogni giorno, assistiamo in silenzio alle stesse cose, agli stessi atteggiamenti, in ambiti scolastici, sportivi, associativi, nei gruppi di amici così come nella fruizione di prodotti di entertainment. Questo è un sistema che genera due tipi di vittime: le prime – le più importanti – sono le donne, violentate, offese, picchiate e uccise. Ma anche gli uomini, che ritengono che la violenza e la prevaricazione siano tratti distintivi del proprio essere, della propria mascolinità, e invece sono esattamente gli elementi principali che indicano la loro debolezza, la loro fragilità, il loro smarrimento.
Noi dobbiamo rompere questo circuito terribile. E per farlo non servono solo inasprimento delle pene, repressione o semplici parole di vicinanza o solidarietà. Servono azioni concrete in campo educativo e culturale. Alla Camera è depositata una proposta di legge, la 1054, di cui sono tra i firmatari, per l’introduzione dell’educazione all’affettività e al rispetto delle differenze nelle attività didattiche delle scuole. Si tratta di un provvedimento che, tramite il coinvolgimento di insegnanti, professionisti e famiglie, si propone di combattere ogni forma di violenza nei confronti dei soggetti che più vi sono esposti, incidendo nella cultura dei più giovani, con azioni positive volte a sviluppare il rispetto non solo dei princìpi di eguaglianza, pari opportunità e non discriminazione, ma anche quelli legati a un corretto approccio ai sentimenti. Perché ciò che serve, soprattutto, è una presa di coscienza finalmente collettiva rispetto al fatto che viviamo, tutti, in una società figlia e generatrice di violenza e che così non è possibile andare avanti. Non possiamo farci scivolare tutto addosso, altrimenti, davvero, anche tutte le parole che stiamo dicendo oggi rimarranno vuote e prive di senso.