Interdittive come “voci di corridoio”: nell’anniversario della Strage di Capaci, del tutto fuori luogo le parole del Ministro Salvini

Interdittive come “voci di corridoio”: nell’anniversario della Strage di Capaci, del tutto fuori luogo le parole del Ministro Salvini.

Oggi, nell’anniversario della strage dove furono assassinati i giudici Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, con gli uomini della scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo, ci saranno parole di ricordo vero e sincero e parole di retorica, ma per tutti resta l’eredità preziosa di quella stagione, che si deve tramutare nel nostro impegno a contrastare la mafia.
Peccato che ci ritroviamo, ancora oggi, a leggere parole sconcertanti del Ministro dell’interno che a Reggio Emilia, nei giorni scorsi, è intervenuto a sproposito sul tema delle interdittive antimafia.

Sappiamo cosa ha significato – e cosa significhi tuttora – l’inchiesta Aemilia per il territorio reggiano. Una terra che, pure, di fronte all’infiltrazione mafiosa ha saputo reagire, innovando strumenti, coinvolgendo i Comuni nella firma di Protocolli di legalità all’avanguardia nel Paese, in stretta sinergia con la Prefettura, sensibilizzando la cittadinanza grazie al lavoro prezioso che fanno le associazioni, ideando iniziative culturali, tra cui il Festival “Noi contro le mafie”, promosso dalla Provincia di Reggio Emilia. Tra i tanti strumenti messi in campo, un valore certamente centrale lo hanno avuto le #interdittive, che nascono dal prezioso lavoro di indagine delle forze dell’ordine, coordinate dalle Prefetture, e che forniscono elementi fondamentali per l’amministrazione di un territorio, mettendo tutti nelle condizioni migliori per prendere le decisioni giuste a contrasto delle mafie.

Ora, che tutto questo percorso e tutto questo impegno – che è costato sacrifici, battaglie, anni di tribunali e indagini – venga liquidato a “voci di corridoio” da un Ministro della Repubblica è avvilente perché il Ministro Salvini dovrebbe essere il primo a tutelare il lavoro delle forze dello Stato che operano sul territorio e delle Prefetture. Eppure, con le sue assurde dichiarazioni, fa l’esatto opposto.
L’interdittiva antimafia svolge una funzione di “frontiera avanzata nel continuo confronto tra Stato e anti-Stato e si sostanzia in un provvedimento amministrativo di natura preventiva del Prefetto, che ha la finalità di tutelare l’ordine pubblico, la libera concorrenza tra le imprese e il buon andamento della Pubblica Amministrazione. Dovrebbe saperlo, ma vale la pena ricordarglielo. Nella valutazione di potenziali segnali di pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata, l’autorità prefettizia si avvale del supporto del Gruppo Interforze composto dai rappresentanti delle Forze di Polizia e precisamente (PS, CC, GDF) della Direzione Investigativa Antimafia. L’autorità amministrativa ha dimostrato grande attenzione per il fenomeno delle infiltrazioni, sia nella Regione Emilia-Romagna che a Reggio Emilia, la provincia dove più frequentemente è stato utilizzato questo strumento.

Oggi vi è ancora necessità di utilizzare questo strumento per impedire che tante imprese, riconducibili a soggetti legati da una serie di reticoli parentali estremamente articolati e complessi, possano avere rapporti con la pubblica amministrazione e, di contro, tutelare le imprese legali e attuare un contrasto all’inquinamento dell’economia sana. Come dice l’articolo 41 della Costituzione, l’iniziativa economica privata quindi “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, perché dove c’è impresa criminale si comprime la libertà delle imprese legali. A questo servono le interdittive ed è grave che sia lo stesso Ministro a depotenziare l’autorevolezza dei prefetti e del lavoro prezioso che fanno sul territorio, con la collaborazione delle forze dell’ordine. Questa è la cifra di governo di questa destra, sempre più arrogante, sempre più fuori controllo, forte con i deboli e debole con i forti.