La scuola non è una “patente a punti”

La scuola non è una “patente a punti”.

Sono intervenuta in Aula in merito al disegno di legge, promosso dal Ministro Valditara, che riforma i giudizi scolastici, in particolare, il “voto in condotta“.

La domanda che pongo è semplice: il Governo sta incoraggiando un apprendimento consapevole in un ambiente accogliente e armonico? Sappiamo, infatti, come la scuola abbia l’obiettivo di creare un benessere scolastico ed educativo e un ambiente dove l’errore non deve essere visto esclusivamente come una punizione, ma come un’opportunità di crescita che non generi solo un sentimento di ansia e paura. Il processo di valutazione, dunque, è un processo complesso, che serve a descrivere il cammino, il percorso umano e pedagogico dello studente e richiede la motivazione dei ragazzi, la capacità dei docenti di dare loro metodo e strumenti in un rapporto virtuoso tra insegnanti, studenti e famiglie.

Invece, ci troviamo davanti l’ennesimo provvedimento spot e propagandistico che fa leva sulle paure e sulle inquietudini dell’opinione pubblica, rispetto al grande tema del disagio giovanile. Il Governo pensa che la risposta stia nel trasformare la scuola in una sorta di patente a punti. Nulla di più sbagliato: si porta così avanti un progetto dannoso e regressivo, caratterizzato da misure inefficaci, formali e vuote di contenuti pedagogici, con un ulteriore processo di burocratizzazione del rapporto educativo tra l’istituzione scolastica e la sua componente studentesca. Il voto diventa l’unico strumento di supporto educativo, assolutamente inefficace soprattutto nei contesti in cui mancano il sostegno familiare e la cultura del rispetto alla convivenza democratica.

L’humus culturale di riferimento di questo disegno di legge riproduce sul piano educativo il modello sociale della competizione ad ogni costo e in ogni ambito. Viene meno, pertanto, ogni ideale di emancipazione sociale e, nell’assenza totale di una motivazione pedagogica, si ripesca il nostalgico “ritorno al buon tempo che fu”, la scuola di Gentile, quel modello di un secolo fa che ossessiona il Ministro Valditara: la scuola sanzionatoria, selettiva e di controllo in cui l’unico compito dell’insegnante è punire senza avere strumenti per recuperare i comportamenti e sostenere gli apprendimenti.

E per quanto riguarda la valutazione alla Primaria, si interrompe un importante processo innovativo, avviato nel 2020. Dopo una lunga sperimentazione, che è costata un grande lavoro e la formazione di 50mila insegnanti, si cancellano i giudizi descrittivi che puntavano a dare valore al processo di apprendimento delle bambine e dei bambini. Un impianto sbagliato, che non educa alla democrazia perché sviluppa sudditanza e non promuove la partecipazione attiva, facendosi carico delle responsabilità che tale partecipazione comporta.