Uno Stato che abbandona le donne
Femmincidio di Daniela Coman: non è accettabile che lo Stato abbandoni le donne a se stesse, ma è quello che sta avvenendo.
Occorre investire in sicurezza, per facilitare il lavoro delle forze dell’ordine, e per dotare il Paese di una rete diffusa e capillare di centri antiviolenza e di case rifugio, altro che parlare di chiese e farmacie: le recenti affermazioni del Ministro Nordio sul braccialetto elettronico suonano come un segnale di resa da parte dello Stato di fronte alla violenza contro le donne e questo è inaccettabile. E l’ultimo, drammatico, caso, a Correggio, ne è ulteriore ed evidente testimonianza.
Il femminicidio di Daniela Coman, per mano dell’ex compagno
È ora di chiedersi cosa si intenda fare davanti a questa continua strage. Dopo l’assassinio di Giulia Cecchettin si era detto mai più, ma questi mai più restano parole al vento. Il Governo ci dica come intende agire, visto che per i centri antiviolenza non ci sono fondi, il Ministro Nordio comunica che le forze dell’ordine non riescono a intervenire, ma, al contempo, tutti i progetti di educazione all’affettività e alla sessualità – che oggi nelle scuole sono lasciati alla libera scelta degli Istituti – vengono continuamente messi in discussione, boicottati, definanziati: questi, invece, dovrebbero essere resi curricolari, proprio perché attraverso di loro cresca la consapevolezza dell’importanza del rispetto delle persone e delle differenze, che è il principio base dei rapporti di comunità e di coppia. Per quanto riguarda i centri antiviolenza, in Italia ne sono attivi poco più di 400, mentre la Convenzione di Istanbul – lo strumento internazionale giuridicamente vincolante per la prevenzione e il contrasto della violenza contro le donne – definisce uno standard minimo di uno ogni 50mila abitanti. Solo 25 province italiane possono contare su un numero di strutture sufficienti, eppure una distribuzione capillare dei centri garantirebbe un supporto radicato e diffuso, tramite operatori professionisti e il volontariato presente sui territori.
Chiese e farmacie?
Consigliare alle vittime di rifugiarsi in chiesa o in farmacia, come ha fatto il Ministro Nordio, significa abdicare al proprio ruolo e ai propri doveri, significa sconfessare i numeri telefonici antiviolenza, significa squalificare il lavoro e la professionalità delle forze dell’ordine, significa dire alle donne “arrangiatevi, di fronte alla violenza non sappiamo cosa fare”. Peraltro, sono molteplici i casi in cui le donne vengono uccise nella propria casa – che dovrebbe essere il luogo più sicuro di tutti – da amici, famigliari, compagni, mariti, persone che conoscevano e di cui si fidavano. Mi chiedo se tutto questo sia accettabile, se sia accettabile che un Governo rinunci così a difendere le proprie cittadine.